Veglia missionaria – FORLI 5 ottobre 2021 – il testo di Padre Mandonico

Veglia missionaria – FORLI 5 ottobre 2021. 

“Partii decisa a gridare il Vangelo con la vita sulla scia di Charles de Foucauld, che aveva infiammato la mia esistenza. Trentatré anni dopo grido il Vangelo con la mia sola vita e brucio dal desiderio di continuare a gridarlo così fino alla fine.” Fino al 5 ottobre di 18 anni, fa quando venne uccisa da un sicario nel suo ospedale di Borama. 

Ma chi era Charles de Foucauld (fr. Carlo) che “aveva infiammato così tanto la sua esistenza”? 

1. Charles de Foucauld, visconte di Pontbriand, nasce a Strasburgo il 15 settembre 1858. A sei anni rimane orfano dei genitori ed è affidato al nonno materno che lo eleva come “un piccolo principe” non rifiutandogli niente, viziato e coccolato oltre misura. A causa della guerra del 1870 la famiglia si rifugia a Nancy, dove Charles frequenterà il liceo. Si lascia vincere dallo scetticismo religioso e dal positivismo che segnano la sua epoca. Perde la fede e s’immerge in una vita mondana gaudente e di disordine che però lo lascia insoddisfatto: «Rimasi dodici anni senza niente negare e senza niente credere, disperando della verità e non credendo nemmeno in Dio, perché nessuna prova mi pareva abbastanza evidente». 

Nel 1876, seguendo la tradizione di famiglia, intraprende la carriera militare, entra all’Accademia di Saint-Cyr e poi alla Scuola di Cavalleria di Saumur. Alla fine della sua formazione militare è inviato in Algeria, ma subito dopo il suo arrivo fu collocato in riserva dalla vita militare per indisciplina e cattiva condotta morale. Pochi mesi dopo questa poco dignitosa uscita dall’esercito, chiese di rientrarvi, per condividere l’avventura dei suoi commilitoni, impegnati a sedare la rivolta di Bou-Amama. Si rivelò un’altra persona: «In mezzo ai pericoli e alle privazioni delle colonne, questo letterato gaudente si rivelò un soldato e un capo». Terminata questa campagna, dà le dimissioni per compiere, a rischio della propria vita, un viaggio d’esplorazione in Marocco, in quel tempo chiuso agli europei. Esplorazione scientifica, che descriverà nel libro “Reconnaissance au Maroc, 1883-1884” e gli otterrà la gloria riservata agli esploratori del XIX° secolo. 

Il Marocco gli “prende il cuore”, lo colpisce l’ospitalità della gente, è affascinato dall’immensità del deserto, ma soprattutto prova stupore per la fede nel Dio Grande e Unico dell’Islam, che riaccende in lui la ricerca interiore della verità. Aiutato dalla bontà e dall’amicizia discreta della cugina, Marie de Bondy, riscopre, alla fine d’ottobre 1886, la fede cristiana, recandosi al confessionale dell’abbé Huvelin nella Chiesa di Sant’Agostino a Parigi. Si era recato per chiedere informazioni sulla fede, l’abbé Huvelin, lo fa inginocchiare, confessarsi e lo manda a ricevere l’Eucaristia. Completamente rinnovato da questa conversione, Fratel Carlo comprese allora che “non poteva fare altrimenti che vivere per Dio” al quale vuole consacrare tutta la sua vita e così “esalarsi in pura perdita di sé davanti a Dio”.  

L’abbé lo invia poi a fare un pellegrinaggio in Terra Santa (1888-1889). “Camminando lungo le strade di Nazaret su cui si posarono i piedi di Nostro Signore, povero artigiano”, scopre il mistero di Nazaret che sarà d’ora in poi al cuore della sua spiritualità. Per questo entra alla Trappa prima in Francia e dopo qualche mese sarà inviato in una Trappa in Siria, dove rimarrà per 7 anni lasciandosi formare alla scuola monastica e cercando l’imitazione la più perfetta di Gesù. Ma non trovandovi la radicalità che desiderava, lascia la Trappa per andare a vivere a Nazaret, come domestico delle Clarisse (1897-1900). Qui, egli vuole ricreare nel suo stile di vita, materiale e spirituale, la vita nascosta vissuta da Gesù, la sua esistenza “umile e oscura di Gesù operaio a Nazareth”, ed essere il suo “piccolo fratello”, vivendo immerso nell’adorazione eucaristica, passando ai piedi del tabernacolo lunghe ore durante il giorno e la notte, e nella meditazione del Vangelo.  

A poco a poco sente che amare Gesù significa diventare fratello di tutti, soprattutto di coloro che ancora non lo conoscono. Per questo accetta di diventare prete, a quarantatré anni, per vivere la vita di imitazione di Gesù “fra gli uomini più malati, le pecore più abbandonate” e povere. Fratel Carlo vuole andare ad annunciare e a far conoscere Gesù a coloro che gli hanno fatto intravedere, quindici anni prima, il Dio grande ed unico, ai suoi fratelli del Marocco. E così nel 1901 Charles de Foucauld parte in Algeria, nell’oasi di Beni-Abbès dove vuole vivere una vita dedita solo alla preghiera e all’adorazione eucaristica, per avere un cuore capace di amare tutti, per essere tra gli uomini un fratello universale, nella solitudine con Dio. “Voglio abituare tutti gli abitanti, cristiani, musulmani, giudei, a guardarmi come il loro fratello, il fratello universale”. Accogliendo i più poveri, perché in essi Gesù è vivente: “È Gesù che è in questa dolorosa situazione: ciò che fate a uno di questi piccoli, è a me che lo fate”. 

Continuando ad avere a cuore il Marocco, ma impedito ad entrarvi a causa della situazione politica, si sposta nel sud in territorio Touareg, a Tamanrasset (1905-1916), dove conosce la popolazione del luogo e ne condivide la vita, incarnandosi nella loro storia, affinché il Vangelo di Gesù fosse conosciuto. Qui, povero tra i poveri, per fedeltà alla sua vocazione di imitare la vita nascosta di Gesù a Nazaret, Fratel Carlo di Gesù si fa piccolo tra di loro per rivelare il volto di Dio: “non con le parole, ma con la presenza del SS Sacramento, l’offerta del divin sacrificio, la preghiera, la penitenza, la pratica delle virtù evangeliche, la carità, una carità fraterna e universale, condividendo fino all’ultimo boccone di pane con ogni povero, ogni ospite, ogni sconosciuto che si presenti e ricevendo ogni uomo come un fratello benamato”, raccogliendo per iscritto la loro cultura, perché ne restasse memoria storica. 

Fr. Charles muore il 1° dicembre 1916, davanti al fortino di Tamanrasset, da lui costruito durante la Prima guerra mondiale, come luogo di protezione per la popolazione nel caso di incursioni, ucciso da un giovane di quindici anni, che lo sorveglia mentre i suoi compagni saccheggiano la casa.  

2. Quali sono le principali linee di spiritualità che ci ha lasciato Fratel Carlo di Gesù e che hanno alimentato la vita di Annalena?  

L’imitazione di Gesù di Nazaret segnerà tutta l’esistenza di Fr. Carlo. Da quando lo ha scoperto durante il pellegrinaggio in Terra Santa, ai suoi occhi il villaggio di Nazaret è veramente un luogo unico: Nazaret è il luogo dove Gesù ha imparato ad essere uomo, dove è cresciuto sottomesso ai suoi genitori e dove è disceso, si è fatto piccolo, ha scelto l’ultimo posto, dove anche lui, Fr. Carlo è chiamato a vivere condividendo da “piccolo fratello” di Gesù la vita di questa santa famiglia. Questa scoperta diventa per Fr. Carlo una chiamata ad imitarlo e sarà il lievito che lo condurrà durante tutta la sua vita.  

Scrive :“Andò a Nazaret, il luogo della vita nascosta, della vita ordinaria, della vita di famiglia, di preghiera, di lavoro, di oscurità, di virtù silenziose, praticate senza altri testimoni se non Dio, i parenti, i vicini di questa vita santa, umile, benefica, oscura, che è quella della maggioranza degli uomini e di cui ci diede l’esempio per trent’anni…”.  

Nazaret diventa quindi l’esperienza di vivere non in condizioni di vita diverse da quelle degli uomini, ma condividendo la loro esistenza quotidiana, immerso nella preghiera e nell’accoglienza colma di bontà verso tutti, senza alcuna distinzione, vivendo con loro e come loro. Giungendo in Algeria scriverà presto alla cugina: “Voglio abituare tutti gli abitanti, cristiani, musulmani, giudei, a guardarmi come il loro fratello, il fratello universale. Iniziano a chiamare la casa la ‘fraternità’ e questo mi piace molto”. 

Annalena testimonierà: “Al centro sempre DIO e Gesù Cristo. Nulla mi importa veramente al di fuori di DIO, al di fuori di Gesù Cristo … i piccoli sì, i sofferenti, io impazzisco, perdo la testa per i brandelli di umanità ferita, più sono feriti, più sono maltrattati, disprezzati, senza voce, di nessun conto agli occhi del mondo, più io li amo. E questo amore è tenerezza, comprensione, tolleranza, assenza di paura, audacia. Questo non è un merito. È una esigenza della mia natura. Ma è certo che in loro io vedo LUI, l’agnello di Dio che patisce nella sua carne i peccati del mondo, che se li carica sulle spalle, che soffre ma con tanto amore, … nessuno è al di fuori dell’amore di DIO”. 

Per vivere il mistero di Nazaret, Fr. Carlo si servirà di tre strumenti principali: il Vangelo, l’Eucaristia, e l’Apostolato. 

a) Il Vangelo, poiché “Se non viviamo il Vangelo, Gesù non vive in noi”. Ben presto, tra lui e il testo evangelico, si crea un rapporto così intenso, al punto da condurlo a leggere, rileggere e commentare tutti i testi evangelici. Si tratta di un rapporto amorevole. Durante la sua residenza a Nazareth, vorrà realizzare anche un ritratto di Gesù, che chiamerà: “Il Modello Unico”. Un ritratto formato da circa 350 versetti dei vangeli e sarà per lui come uno specchio, sul quale riflettersi per ritrovare un po’ alla volta i tratti del proprio volto in quelli del volto di Gesù. Scriverà: “Leggere e rileggere incessantemente il santo Vangelo per avere sempre dinanzi alla mente gli atti, le parole, i pensieri di Gesù, al fine di pensare, parlare, agire come Gesù, di seguire gli esempi e gli insegnamenti di Gesù”, fino a diventare lui stesso “Vangelo Vivente”. Scriveva nel regolamento dei Piccoli Fratelli: “Con il loro esempio, i fratelli e le sorelle devono essere una predicazione vivente: ognuno di loro deve essere un modello di vita evangelica; vedendoli si deve vedere quello che è la vita cristiana, ciò che è la religione cristiana, ciò che è il Vangelo, chi è Gesù. […] Devono essere un Vangelo vivente: le persone lontane da Gesù, e specialmente gli infedeli, devono, senza libri e senza parole, conoscere il Vangelo guardando la loro vita”. 

PS Magdaleine di Gesù, una delle prime seguaci di Fratel Carlo e fondatrice delle Piccole Sorelle di Gesù, diceva: “Il Piccolo Fratello Carlo di Gesù non ha aperto nessuna via nuova, se non l’unica via, la via di Gesù. Sulle sue labbra, sotto la sua penna, c’è una parola unica che ritorna sempre, perché c’è un essere unico che ha invaso tutta la sua anima e che è diventato la sua unica passione: Gesù – Jesus-Caritas – Gesù-Amore. Ed è il gran segreto della sua santità. Per capire fino in fondo Fratel Carlo di Gesù bisogna dimenticarlo per non vedere che Gesù che traspare attraverso di lui”.  

Annalena più sinteticamente scrive: “Volevo seguire solo Gesù Cristo. Null’altro mi interessava così fortemente: LUI e i poveri in LUI. Per LUI feci una scelta di povertà radicale”. 

b) L’Eucaristia poiché “La santa eucaristia, è Gesù, è tutto Gesù!”. A Nazaret, come vi dicevo passerà letteralmente giorni e notti in adorazione davanti al tabernacolo: “Potessimo perderci e inabissarci, fino alla morte, nell’oceano dell’amore del nostro Beneamato Gesù”. Le lunghe ore d’adorazione silenziosa lo spingono ad uscire verso i più piccoli dei suoi fratelli: “Non c’è, io credo, parola del Vangelo che abbia avuto su di me una più profonda impressione e trasformato maggiormente la mia vita di questa: “Tutto quello che fate a uno di questi piccoli, è a me che lo fate”. Se si pensa che queste parole sono quelle della Verità increata, quelle della bocca di chi ha detto “questo è il mio corpo… questo è il mio sangue” con quale forza si è spinti a cercare d’amare Gesù in “questi piccoli”, questi peccatori, questi poveri”.  

Accogliendo i più poveri, scopre “la mostruosità della schiavitù” della quale sono vittime molti abitanti del paese. Fa tutto quello che può per denunciare vigorosamente quest’ingiustizia andando contro gli interessi dei suoi connazionali francesi, perché: “Non abbiamo il diritto di essere delle sentinelle addormentate, dei cani muti (Is. 56,10) dei ‘pastori indifferenti’ (Ez. 34). Non posso tradire i miei figli, non fare per Gesù vivente nei suoi membri, quello di cui ha bisogno. È Gesù che è in questa dolorosa situazione: ciò che fate a uno di questi piccoli, è a me che lo fate”. 

Anche Annalena era profondamente convinta che “Questo è il mio corpo fatto pane perché anche tu ti faccia pane sulla mensa degli uomini, perché, se tu non ti fai pane, non mangi un pane che ti salva mangi la tua condanna”. L’Eucaristia ci dice che la nostra religione è inutile senza il sacramento della misericordia, che è nella misericordia che il cielo incontra la terra” e come Fr. Carlo farà questa scelta eucaristica: “Scelsi di essere per gli altri: i poveri, i sofferenti, gli abbandonati, i non amati che ero una bambina e così sono stata e confido di continuare a essere fino alla fine della mia vita” e “Vivo calata profondamente in mezzo ai poveri, ai malati, a quelli che nessuno ama”. “Tento di vivere con un rispetto estremo per “loro” che il Signore mi ha dato. Ho assunto fin dove è possibile un loro stile di vita”. 

c) Apostolato secondo il mistero della Visitazione (Lc 1, 39-56). Meditando questo mistero dirà: “«In quei giorni Maria si alzò e partì in fretta verso la montagna, per una città di Giuda…». Appena incarnato ispiro a mia madre di portarmi nella casa in cui nascerà Giovanni, al fine di santificarlo prima della sua nascita… Mi sono dato al mondo per la sua salvezza nell’incarnazione…”. “… Quello che la Vergine fa nella Visitazione, non è una visita a sua cugina per consolarla e per edificarsi reciprocamente con la recita delle meraviglie di Dio in loro, ed ancor meno è una visita di carità materiale per aiutare sua cugina negli ultimi mesi di gravidanza o nel parto;… ma molto di più che tutto questo: ella parte per santificare san Giovanni, per annunciargli la buona novella, per evangelizzarlo e santificarlo, non con le sue parole, ma portandogli in silenzio Gesù, in casa sua…”. 

Da questa intuizione, Fratel Carlo deduce subito che nel silenzio e nel nascondimento può anch’egli lavorare alla santificazione dell’umanità. Anche lui, quindi, è chiamato a predicare il vangelo con la sua vita di Nazaret, “senza parola, in silenzio” portandovi Gesù Cristo, “stabilendovi un altare, un tabernacolo e portandovi il Vangelo non predicandolo con la bocca, ma predicandolo con l’esempio, non annunciandolo ma vivendolo”.  

Allora possiamo dire che il mistero della Visitazione gli ha fatto capire che può imitare la vita di Nazaret vivendo ovunque perché è un “vivere con” la gente, portandovi una forte testimonianza del Vangelo in semplicità e fraternità. È un “cercare l’ultimo posto”, un “seppellirsi nell’oscurità” non isolandosi dagli altri, ma al contrario, fondendosi nella vita comune e fraterna con gli altri “a causa di Gesù e del suo Vangelo”.  

Missione poi che si esprime “per mezzo della carità, della bontà, di un atteggiamento buono verso tutti gli esseri umani, come Gesù a Nazaret”. Scriveva alla cugina: “Il mio apostolato deve essere l’apostolato della bontà. Vedendomi si deve dire: “Poiché quest’uomo è così buono, la sua religione deve essere buona”. – Se si chiede perché sono dolce e buono, devo dire: “Perché sono il servitore di uno molto più buono di me. Se voi sapeste quanto è buono il mio Maestro Gesù”. E subito dopo, quasi per concretizzare ciò che ha appena detto, aggiunge: “Farmi tutto a tutti: ridere con quelli che ridono, piangere con quelli che piangono, per portarli tutti a Gesù. Mettermi con disponibilità alla portata di tutti, per attirare tutti a Gesù”.  

Annalena, da parte sua, ha questa stupenda convinzione: “Vorrei aggiungere che i piccoli, i senza voce, quelli che non contano nulla agli occhi del mondo, ma tanto agli occhi di DIO, i suoi prediletti, hanno bisogno di noi, e noi dobbiamo essere con loro e per loro e non importa nulla se la nostra azione è come una goccia d’acqua nell’oceano. Gesù Cristo non ha mai parlato di risultati. LUI ha parlato solo di amarci, di lavarci i piedi gli uni gli altri, di perdonarci sempre … I poveri ci attendono. I modi del servizio sono infiniti e lasciati all’immaginazione di ciascuno di noi. Non aspettiamo di essere istruiti nel tempo del servizio. Inventiamo … e vivremo nuovi cieli e nuova terra ogni giorno della nostra vita”. 

CONCLUSIONE  

Vent’anni prima di essere ucciso, Fr. Carlo scriveva: “Qualunque sia il motivo per cui ci uccidano, se noi, nell’anima, riceviamo la morte ingiusta e crudele come un dono benedetto della tua mano, se noi te ne ringraziamo come per una dolce grazia, come di una beata imitazione della tua fine, se noi te la offriamo come un sacrificio offerto con gran buona volontà, […] allora qualunque motivo abbiano per ucciderci, moriremo nel puro amore e la nostra morte sarà per te un sacrificio di gradevolissimo odore e, se non sarà un martirio nel senso stretto della parola e agli occhi del mondo, lo sarà ai tuoi occhi e sarà una perfetta immagine della tua morte… Poiché, se non abbiamo offerto, in questo caso, il nostro sangue per la nostra fede, lo avremo con tutto il nostro cuore offerto e sparso per amore di te”. 

Annalena, quasi facendo eco a questo desiderio di Fr. Carlo, scriveva: “Se anche DIO non ci fosse, solo l’amore ha un senso, solo l’amore libera l’uomo da tutto ciò che lo rende schiavo, in particolare solo l’amore fa respirare, crescere, fiorire, solo l’amore fa sì che noi non abbiamo più paura di nulla, che noi porgiamo la guancia ancora non ferita allo scherno e alla battitura di chi ci colpisce perché non sa quello che fa, che noi rischiamo la vita per i nostri amici, che tutto crediamo, tutto sopportiamo, tutto speriamo … 

Ed è allora che la nostra vita diventa degna di essere vissuta. 

Ed è allora che la nostra vita diventa bellezza, grazia, benedizione. 

Ed è allora che la nostra vita diventa felicità anche nella sofferenza, perché noi viviamo nella nostra carne la bellezza del vivere e del morire. 

Sento fortemente che noi tutti siamo chiamati all’amore, dunque alla santità … la donna povera di Leon Bloy vagava di porta in porta … una mendicante … “Non c’è che una sola tristezza al mondo: quella di non essere santi” … ripeteva … Io amo pensare: non c’è che una sola tristezza al mondo: quella di non amare … che poi è la stessa cosa.” 

Mentre preparavo queste brevi note alla mia mente affioravano donne mistiche come Madeleine Delbrêl e PS Magdeleine di Gesù, per citarne solo due. Ditemi voi se pure Annalena non è stata una mistica e se la sua vita non è stata una luminosa sequela di Gesù secondo lo stile di San Charles de Foucauld ? 

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